Giordania 2016

Il nostro viaggio in Giordania si è svolto dal 23 al 30 Aprile 2016 ed è stato organizzato da 4Winds Tour Operator, che ha provveduto a prenotare gli alberghi e a fornici un’auto con guida/autista, Sahid, di cui ringraziamo la disponibilità e professionalità.

Il tour si è svolto in 8 giorni, arrivando e partendo dall’aeroporto di Amman. Il primo giorno utile dopo il viaggio è stato dedicato alla visita delle rovine romane di Jerash e del castello di Ajloun. Il secondo giorno abbiamo visitato la cittadella, il centro storico di Amman, e il suq, il mercato; la rimanente mezza giornata i castelli nel deserto, cica 100 km da Amman. Il terzo giorno siamo partiti da Amman per scendere verso sud, passando da Madaba, città a prevalenza cristiana, ci siamo poi fermati al memoriale del monte Nebo, dove è morto Mosè e da cui è possibile vedere la terra santa, l’attuale Israele, poi abbiamo attraversato il Wadi Mujib per arrivare a Al-Kerak, famosa per la sua fortezza costruita dai crociati. A sera siamo arrivati a Wadi Mousa, alle porte di Petra, per iniziare il giorno successivo la visita prima di Beida, o piccola Petra, poi di Petra. Quinto giorno dedicato in parte alla visita di Aqaba, alla vista del Mar Rosso e soprattutto a un tour nel deserto del Wadi Rum, con pernottamento in un campo tendato dei beduini. Nel sesto e ultimo giorno di visite c’è stato il rientro verso nord, con pomeriggio presso il Mar Morto.

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Partiamo dalle impressioni che ho avuto da questo viaggio in Giordania. Prima di tutto mi aspettavo un paese molto più caotico. Non caotico per la situazione geopolitica, ma dico caotico come molti paesi arabi, traffico, guida selvaggia, venditori super insistenti, mance richieste ovunque in maniera ostinata… Invece niente di tutto questo: certo Amman ha il suo bel traffico e ingorghi, le mance sono sempre ben accette, ma anche nel suq i venditori hanno la loro compostezza. Direi che dopo aver visitato la Grecia, che è europea ma ha già un che di orientale, direi che la Giordania è in Medio Oriente ma ha un che di occidentale. Forse questo dipende anche dalla politica fatta da re Husayn prima e Abd Allah ora. La Giordania infatti, dall’indipendenza ottenuta dal 1946 dal protettorato britannico, si è sempre trovata ad affrontare una situazione politica particolare, in mezzo alle tensioni e alle guerre dei suoi vicini turbolenti. I re di Giordania hanno sempre cercato di mantenere il paese neutrale quando possibile e un po’ vicina ai paesi arabi e un po’ vicina alla Gran Bretagna e quindi agli Stati Uniti. A ovest la Giordania confina con Israele e la Palestina, a nord con la Siria, a est con l’Iraq e a sud-est con l’Arabia Saudita. Attualmente, di tutti questi vicini l’unico tranquillo è l’Arabia Saudita, anche se il suo governo rappresenta l’incarnazione dell’islam più intransigente, nonostante la vicinanza politica con gli Stati Uniti. Israele è sempre stato occasione di conflitti, soprattutto per via della causa palestinese. Erano gli anni ’60 quando molti membri dell’Organizzazione per la Libertà della Palestina (OLP), tra cui Arafat, trovarono rifugio in Giordania. Asserendo che anche la Giordania fa parte della Palestina e che questa andava riunita con la Cisgiordania (l’attuale Palestina o West Bank, la parte a ovest del giordano), nel settembre 1970 si tentò un colpo di stato facendo un attentato al re. Fu così che scattò l’operazione Settembre Nero, con la cacciata di tutti i guerriglieri palestinesi in Libano, una guerra civile rapida ma che provocò comunque decine di migliaia di morti, e si avviò una “giordanizzazione” della società. Questo comporta tuttora l’appoggio tecnologico da parte degli Stati Uniti e esercitazioni militari congiunte, ma non toglie che il re Giordano si trovi a dover dialogare e a fare da paciere tra gli altri stati arabi. Inoltre, una parte della popolazione ha origini palestinesi o ha avuto antenati che vivevano nell’attuale Israele e che sono stati costretti a lasciare le loro terre dopo la formazione dello stato di Israele, quindi c’è comunque un discreto sentimento di diffidenza e risentimento verso Israele.

Parliamo della situazione attuale: com’è oggi essere turisti in Giordania? Molti sono preoccupati della situazione in Medio Oriente, specialmente dopo i recenti attentati in Egitto e Tunisia. E poi c’è la Siria lì a due passi, a meno di 100 km da Amman e soli 35 km da Jerash (a questo proposito ci hanno raccontato che prima della guerra i giordani erano soliti andare in Siria sia per scampagnate e gite di un giorno sia per comprare l’ottimo cibo locale). In realtà ho travato il paese molto tranquillo, i controlli di sicurezza presenti nei luoghi sensibili, ma in generale pochi e discreti. Mi ricordo in Egitto già più di 10 anni fa nei siti turistici c’erano guardie armate con mitra e scudo antiproiettile e nel Sinai continui check point militari. In Israele la normale polizia gira armata di M16. In Giordania invece di armi se ne vedono molto poche, c’è la “Tourist Police” all’entrata dei siti archeologici, ma è equipaggiata come la normale polizia da noi. Anzi devo dire che in Italia ultimamente, con l’allarme terrorismo, si vede un maggior dispiegamento di forze e di armi che in Giordania, con l’esercito che presidia ogni fermata della metropolitana di Roma. In Giordania ci è capitato di essere fermati diverse volte dalla polizia per controllare i documenti dell’auto e del nostro autista, questi controlli sono piuttosto frequenti. La guida ci ha spiegato che ai giordani non piace fare sfoggio di tanto dispiegamento di forze, i controlli all’interno del territorio devono essere discreti ma soprattutto accurati quelli ai confini. Quello che abbiamo trovato più severo sono i controlli negli alberghi, dagli attentati in 3 hotel di Amman nel 2005 è praticamente obbligatorio passare i bagagli ai raggi X prima di entrare nella hall. Severi ma discreti anche i controlli alle auto nei parcheggi privati degli hotel, dove viene ispezionato il portabagagli e il sotto dell’auto con lo specchio. Stesse procedure per l’accesso all’aera aeroportuale di Amman. Vorrei sottolineare però che non ci siamo mai sentiti in pericolo o avvertito che ci potessero essere delle situazioni pericolose o di tensione. Anzi ultimamente si respira molta più tensione nei paesi europei. La Giordania si è rivelata un paese meraviglioso, ospitatale e con una storia veramente ricca e unica. La cosa che fa tristezza magari è vedere alberghi, ristoranti e i siti archeologici praticamente vuoti, i gruppi di turisti sono pochi. Il crollo negli ultimi 2 anni è stato spaventoso. Per la nostra visita è anche meglio, meno affollamento di turisti, meno confusione, più possibilità di goderci le visite. L’unico sito archeologico che abbiamo trovato veramente affollato (ma sono tanti i turisti giordani e le scolaresche) è Petra.

Parlando con la guida sembra che uno dei problemi principali della Giordania attuale siano i migranti siriani, come da noi in Europa ma in proporzioni ancora maggiori. Attualmente infatti la Giordania ospita più di 1 milione e mezzo di rifugiati, che sono un’enormità considerata la popolazione giordana di soli 8 milioni di abitanti. Con tutti i problemi che ne conseguono, tra cui insoddisfazione per il fatto che i rifugiati fanno lavori sottopagati, i prezzi degli affitti sono saliti dopo alcune sovvenzioni governative per dare una casa ad alcuni rifugiati (la maggior parte vivono ancora in campi tendati), le tende fornite dall’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) sono state rivendute a famiglie di etnia rom quando non più utilizzate dai rifugiati, e così via.

Torniamo però al nostro viaggio. Il cibo è ottimo, con una cucina araba ma con influenze mediterranee. In generale nei ristoranti verrete serviti con un buffet di antipasti (mazzeh) da mangiare con il pane arabo, il khubez, ma anche il ka’ik ricoperto di semi di sesamo. Troverete l’immancabile hummus di ceci con olio d’oliva, ma anche salse con fave, aglio, melanzane, yogurt. Tra le portate principali invece il mansaf, piatto nazionale dalla tradizione beduina: agnello cotto nello yogurt servito con riso, mandorle e pinoli. Molto buono anche l’agnello cotto secondo la ricetta beduina sotto la sabbia per diverse ore. Ma troverete anche il pollo e gli immancabili kebabs, che però non è come quello che si trova da noi, ma sono spiedi di carne al barbecue.

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Quando andare? Noi abbiamo scelto la mezza stagione per visitare la Giordania, che in genere è la stagione migliore. Le temperature a fine Aprile erano già calde di giorno, siamo passati dai circa 28 gradi di Amman ai 38 del deserto, ma molto secche, per cui anche i 38 gradi non si avvertivano ed era molto piacevole. Importante però proteggersi dal sole molto forte e avere qualcosa per la sera, quando le temperature scendono anche a 12 gradi. In estate invece il caldo è veramente intenso, mentre ottimale è anche il periodo autunnale, Ottobre-Novembre.

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Iniziamo quindi il nostro tour da Jerash, a nord di Amman, antico sito archeologico romano. Sono rimasto impressionato dalla vastità di questo sito archeologico, con le sue colonne, archi, piazze, strade, il teatro, tutto di pietra rossa. Non ho mai visitato Palmira, in Siria, ma dopo aver visto molte volte negli ultimi tempi le sue foto, mi è sembrato di visitare lo stesso posto. Le cose che mi hanno colpito di più sono il cardo, la via principale, con il suo colonnato e il posto per le botteghe, la piazza principale, con un colonnato di forma ovale che ricorda quello del Bernini di Piazza San Pietro a Roma, e il teatro perfettamente conservato, con un’acustica eccezionale. Da notare anche un paio di chiese paleocristiane con i resti dei mosaici sui pavimenti e i templi romani, con le colonne che oscillano per il vento (potete sentirlo mettendo la mano alla base tra un blocco e l’altro) ma proprio per questo resistono da 2000 anni ai terremoti senza crollare. Direi che l’appellativo di Pompei d’oriente è proprio meritato.

La seconda tappa è stato il castello di Ajloun, arroccato in cima a una collina. Una delle cose più belle della visita per me è stato il paesaggio collinare, con quella terra rossa scura e gli uliveti, distese di uliveti. Il castello era stato fatto dai sultani musulmani di Damasco per controllare le tribù arabe del sud ed era in un punto strategico per la via delle carovane dall’Arabia a sud alla Siria a nord. Il castello ha anche avuto un ruolo importante durante le Crociate.

Il nostro secondo giorno è stato dedicato ad Amman, città molto vasta (conta più di 2 milioni e mezzo di abitanti) e arrampicata su innumerevoli colline (originariamente 7, ora che è molto più estesa 19). Forse non ha il fascino di altre città arabe, ma il suo nucleo storico è molto interessante. Nella cosiddetta cittadella vi sono resti dei templi romani, cisterne per l’acqua, il palazzo dei sultani Omayyadi. Situata su una collina, da lì si domina un pezzo di città e si può lanciare uno sguardo sul sottostante teatro romano, che si trova alla fine della strada del suq, ed ospita una bella piazza dove si ritrovano famiglie e giovani a giocare.

Dopo la visita della città prendiamo la strada che porta verso l’Iraq a est di Amman. Il confine dista circa 300 km ma noi ne percorriamo soltanto un centinaio. Dobbiamo visitare i cosiddetti castelli Omayyadi del deserto. Sono 3 castelli, ma in realtà avevano funzioni completamente diverse l’uno dall’altro. Il primo è Qasr al-Kharrana, di forma quadrata, era in realtà un caravan serraglio per le carovane di mercanti che venivano dall’Arabia. Il cortile interno, quadrato, mi ricorda Castel del Monte (anche se quest’ultimo è ottagonale). Passiamo al secondo castello, Qusayr Amra, quello che mi ha colpito di più. Il più piccolo, l’interno è decorato con affreschi, figure di donne, animali, la rappresentazione delle stagioni. La cosa veramente inusuale per l’arte araba medioevale, di solito non è ammesso rappresentare figure umane e animali ma solo disegni astratti, e questo è sicuramente frutto di contaminazioni e influenze dovute ai commerci. Anche l’uso del castello era significativo: probabilmente veniva usato come bordello dai sultani. L’ultimo castello, infine, Azraq, tutto di pietra basaltica nera, ha origini romane ed è prettamente militare. È stato poi usato anche nei secoli seguenti e vi ha soggiornato anche Lawrence d’Arabia.

Il giorno seguente iniziamo a scendere verso sud e visitiamo Madaba. La città ha una grossa comunità cristiana ed è famosa per un mosaico presente sul pavimento della chiesa Greco Ortodossa di San Giorgio, in cui sono rappresentati i principali luoghi di pellegrinaggio della terra santa. Proseguiamo poi per il monte Nebo, dove fu seppellito Mosè. La sua tomba in realtà non fu mai ritrovata, ma oggi lì c’è il suo memoriale e i resti di alcune chiese paleocristiane, famose sempre per i mosaici pavimentali (una non è attualmente visitabile). Dal monte Nebo è possibile poi ammirare il paesaggio (oggi semi desertico) della valle del Giordano, la terra promessa fino a Israele, e intravedere le città di Gerico e Gerusalemme.

Prendiamo la Strada dei Re per Al-Kerak, il paesaggio diventa più arido, ci arrampichiamo sulle colline quando improvvisamente si apre una vallata immensa, il Wadi Mujib. La strada scende e risale la vallata desertica con curve sinuose, in fondo un corso d’acqua e una diga, il paesaggio è veramente sterminato e incredibile. Risaliamo l’altro lato della valle e improvvisamente il paesaggio è di nuovo più verdeggiante, campi coltivati, ulivi.

Ci avviciniamo alla città di Al-Kerak. Arrampicata su una collina, mostra subito la sua fortezza e ricorda un paesino medievale italiano, arrampicato su una collina e con la sua fortificazione. La cosa è presto spiegata: la fortificazione è stata costruita dai cavalieri Crociati, in posizione strategica per proteggere Gerusalemme. Rinaldo di Chatillon abitò il castello, e dopo un periodo di tregua dichiarò guerra a Saladino, subendo però una pesante sconfitta.

Continuiamo verso sud, prendiamo la cosiddetta autostrada del deserto, il paesaggio diventa da collinare a piatto, negozi o paesini sorgono in mezzo al nulla, al servizio della sola autostrada. Il paesaggio diventa nuovamente collinare, arriviamo finalmente a Wadi Mousa, alle porte di Petra.

Iniziamo la giornata di primo mattino con la visita di Beida, o piccola Petra. Situata a circa 11 km da Petra, era il centro amministrativo dove avvenivano effettivamente i commerci e dove si fermavano le carovane. La vera città di Petra, con i suoi palazzi e le sue tombe, doveva invece restare nascosta. Beida è stata costruita dai Nabatei, o meglio scavata nella roccia di arenaria rossa. Anche Beida, come Petra, si sviluppa lungo un canyon, che però è stato scavato in parte artificialmente e sembra un modellino in scala della vera Petra per dimensioni. La particolarità di Beida è che l’interno di alcuni edifici era riccamente dipinto. Purtroppo praticamente tutte le pitture sono state carbonizzate dai fuochi accesi dai beduini in passato, ma alcune sono state recuperate. Vediamo alcuni beduini che cercano ancora di vendere qualcosa o chiedere soldi ai turisti, con gli occhi tinti con il kajal (è la loro acconciatura caratteristica e li fa sembrare un po’ stile Pirati dei Caraibi).

Andiamo finalmente a Petra. La prima parte del percorso dal centro visitatori si può fare anche a cavallo, come abbiamo scelto. Si arriva poi all’imboccatura del canyon dove si deve andare a piedi (non è più permesso fare gli emuli di Indiana Jones a cavallo). Il Siq, il canyon da cui si accede a Petra, non è stato scavato dall’acqua ma è una spaccatura dovuta a forze tettoniche; è lungo circa 1.2 km, le pareti alte fino a 200 metri e il passaggio si restringe in certi punti fino a 3 metri. L’intera Petra, fondata dagli Edomiti e poi capitale del regno Nabateo, è nascosta al mondo esterno da questo canyon e dai monti circostanti. Per questo dopo l’abbandono nell’VIII secolo per la decadenza dei commerci e per catastrofi naturali e terremoti è andata perduta per molti secoli fino alla riscoperta dell’archeologo ed esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt nel 1812, che all’epoca dell’allora Impero Ottomano cercava di ripercorrere le antiche vie carovaniere alla ricerca della città perduta. Alla fine sembra sia riuscito a trovare l’ubicazione di Petra facendosi portare da alcuni beduini all’antica tomba di Aronne. Egli sparse la voce dell’ubicazione di Petra tra gli occidentali e nei suoi libri, ma le spedizioni erano difficoltose. Una raggiunse il sito solo nel 1818 ma furono costretti a tornare indietro prima del tempo per le rivalità tra le tribù locali. Le prime spedizioni archeologiche vere iniziarono nel 1828 e continuano ancora oggi.

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Mentre percorriamo il Siq la guida ci spiega come fosse importante il sistema idrico per la città. Lungo il canyon si vedono canali scavati per raccogliere l’acqua necessaria alla sopravvivenza della città, ma anche a evitare inondazioni durante le poche ma forti piogge. Si intravedono, scavati nella roccia ma consumati dal tempo, alcuni altari e la rappresentazione a grandezza naturale di una carovana. Continuiamo a percorrere il Siq e alla fine della spaccatura lo vediamo, il Tesoro o Al-Khazneh. Percorriamo gli ultimi metri ed eccolo davanti a noi, magnifico. In tutto questo c’è un difetto: ci eravamo abituati alla quiete degli altri siti archeologici giordani, questo invece è affollatissimo, con scolaresche, gente che urla, chi si vuole fare una foto, beduini con cammelli e asinelli che cercano clienti. Insomma, arrivati dalla queste del Siq, ci sembra di essere sbarcati in una piazza confusionaria con mercanti e troppi turisti, e questo rovina un po’ l’atmosfera. Comunque siamo lì, davanti al Tesoro, costruito con influenze ellenistiche tra il 100 a.C. e il 200 d.C. Si chiama così perché una leggenda beduina dice che in un’urna sulla facciata si nasconderebbe il tesoro di un faraone, e per questo motivo hanno provato anche a sparargli danneggiando la facciata, ma non ci sono fondamenti storici a questa leggenda: il Tesoro doveva essere la torba di un re Nabateo, forse Areta III. Molti e i più belli degli edifici scavati che roccia che compongono Petra erano tombe, la cosa mi ha davvero sorpreso. Proseguiamo la visita e arriviamo alla Strada delle Facciate, vediamo un sacco di buchi scavati nella roccia, case e tombe. Poi passiamo davanti al teatro e davanti alle Tombe Reali. Tutto intorno la roccia è scavata in decine, centinaia di tombe e abitazioni. Come ci giriamo le pareti dei monti sono traforate, splendide facciate ornano le tombe dei personaggi più importanti e dei re, semplici tombe per la popolazione. Alla fine arriviamo a una strada lastricata, la fecero i romani quando arrivarono anche qui nel 106 d.C. Vediamo il Tempio Grande, con le sue colonne abbattute. Dopo pranzo iniziamo ad arrampicarci in un sentiero per andare al Monastero (al-Deir), un’altra tomba costruita sullo stile del Tesoro ma situata in cima al monte, a cui si arriva solo dopo aver scalato un migliaio di scalini. È pomeriggio tardi ed è ora di rientrare, rifacciamo tutto il percorso al contrario. È a quest’ora, verso le 17, che apprezziamo fino in fondo il sito di Petra, la roccia si accende con il colore rosso del sole basso e la massa di turisti se ne è andata lasciando la tranquillità.

La sera torniamo per lo spettacolo Petra by night (ogni Lunedì, Mercoledì e Giovedì), percorriamo nuovamente il Siq illuminato solo da candele, le stelle nel cielo scuro sono migliaia. Arriviamo al tesoro illuminato con centinaia di candele, l’atmosfera è suggestiva. Lo spettacolo di musica beduina mi lascia un po’ perplesso, alla fine accendono anche delle luci colorate rovinando completamente l’atmosfera delle candele, poteva essere organizzato meglio ma sicuramente valeva la pena vederlo.

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Penultimo giorno, stanchi per la lunga escursione del giorno prima a Petra, ci dirigiamo prima sul Mar Rosso. A pochi chilometri c’è l’Arabia Saudita, dall’altra parte del golfo vediamo la città israeliana di Elat, poco oltre la costa egiziana con un magnifico hotel a vela costruito dagli israeliani durante l’occupazione negli anni ’70. In pochi chilometri di costa si affacciano 4 stati sul Mar Rosso. Facciamo poi una breve sosta al Suq di Aqaba, compriamo delle spezie che dice sono le più fresche e buone qui. I prezzi sono un po’ più bassi di Amman in quanto Aqaba, unica città portuale della Giordania, è anche città a statuto speciale e senza tasse.

Torniamo verso nord e ci dirigiamo verso il deserto del Wadi Rum. La strada attraversa un fondo di sabbia circondato da monti rocciosi di arenaria rossa. Arriviamo a un ultimo villaggio beduino da cui partono i tour con il fuoristrada che ci apprestiamo a fare. Ci fermiamo prima presso un’antica sorgente d’acqua dove si fermavano le carovane, si può localizzare per i pochi alberi che vi crescono. Poi ci fermiamo presso una duna di sabbia che si è formata addossata alla roccia. La scaliamo, sappiamo già che la finissima sabbia rossa continuerà a uscire dalle nostre scarpe anche nei giorni seguenti, ma dalla cima il paesaggio è magnifico, dominiamo questa distesa di niente. Un’altra tappa, ci fermiamo a vedere dei bassorilievi nella roccia, risalgono a circa 2000 anni fa, sono raffigurate delle persone, un uomo e una donna, poi un verso del corano (più recente). Alla fine troviamo un posto per accamparci per bere il tè beduino alla salvia, c’è il tramonto, la roccia si accende di rosso, quasi viola, si alza il vento e fa subito freddo. È ora di rientrare, stasera dormiremo in un campo tendato gestito dai beduini. A cena c’è l’agnello cotto sotto la sabbia, fuori fa freddo, nella tenda di notte pure è freddo, ma sopra di noi si vedono migliaia di stelle!

Ultimo giorno, lasciamo il deserto del Wadi Rum. Prendiamo l’autostrada del deserto per tornare verso nord e ci fermiamo al Mar Morto, la nostra ultima tappa. Siamo nel posto più basso della terra, -420 m sul livello del mar Mediterraneo. Sulla sponda opposta Israele, penso che solo 2 anni fa ero laggiù. È tempo di rilassarsi un po’, un bagno nelle acque super saline è quello che ci vuole ma siamo goffi inizialmente, si galleggia tantissimo, una sensazione veramente strana, ed è persino difficile nuotare. Diciamo che sicuramente il bagnino ha poco lavoro qui.

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Il nostro giro si è concluso, posso dire di aver visto un paese stupendo, pieno di storia e monumenti, dall’epoca Edomita e Nabatea di Petra, ai Romani a Jerash, i sultanati Omayyadi nel medioevo, le crociate e i castelli arabi e cristiani, le prime chiese paleocristiane, i luoghi della narrazione della Bibbia con le tombe di Mosè e Aronne, la valle del Giordano, la terra promessa. È una sensazione strana, ti fa sentire al centro della storia, delle radici della civiltà moderna, della cultura occidentale. Sembra che ogni passo che fai, ogni roccia che vedi, ogni monte, ogni posto è stato narrato da qualche parte, lo hai già sentito. Nella Bibbia, nella storia che studiamo a scuola, nel National Geographic, la storia è passata da qui. E il tutto condito da paesaggi splendidi, dalle colline con gli uliveti e la terra rossa scura al deserto. E il deserto ha tante forme, piatto, collinare, roccioso con arenaria rossa, bianca e colorata, sabbioso, pensiamo al canyon di Petra, al Wadi Rum. A ripensarci ci abbiamo lasciato un pezzetto di cuore.