Il nostro viaggio in Perù si è svolto ad Agosto 2017 ed è stato organizzato come viaggio individuale con Fieval Travel, che oltre a essere un’agenzia da me già conosciuta ha mostrato un ottimo rapporto qualità prezzo per questa meta. L’agenzia italiana ha fatto riferimento a Viajes Pacifico come agenzia locale che ha organizzato i servizi a terra e le guide, che si sono mostrate tutte professionali.
Abbiamo fatto il tour classico del Perù, che comprende tutta la parte sud del paese, arrivando a Lima e facendo le prime tappe a Paracas per visitare le isole Ballestas e poi a Nasca. Diversi itinerari prevedono un volo interno in più e saltano queste due tappe, andando direttamente ad Arequipa dopo la prima giornata a Lima. Devo dire che queste 2 tappe sono molto faticose perché prevedono molte ore di bus per arrivarci, quindi le consiglio in base all’interesse specifico della persona. Personalmente ho trovato le isole Ballestas interessanti naturalisticamente, ma avendo già visitato altre isole con fauna simile in passato non hanno aggiunto molto. Mi è piaciuto invece il volo sopra le linee di Nasca, anche se c’è da dire che, a causa delle continue virate, il volo non è indicato a chi soffre di mal d’auto. Il volo poi può essere effettuato solo in giornate con poco vento, quindi il rischio è anche di dover rimanere a terra.
Arequipa si è rivelata invece una delle città più belle che abbiamo visitato, dopo Cusco. La sua posizione a 2300 metri di quota la rende un’ottima tappa di adattamento, mentre i suoi numerosi monumenti e la sua posizione di fronte a 3 alti vulcani la rendono molto scenografica e piacevole da visitare. Abbiamo continuato per Puno (3800 m), per poi effettuare un’escursione in barca sul lago Titicaca, che è veramente un posto fuori dal tempo. Da Puno, facendo qualche tappa lungo il percorso ci siamo diretti a Cusco (3400 m), l’antica capitale dell’impero Inca. Da lì abbiamo potuto visitare diversi siti archeologici e fare un’escursione nella fertilissima Valle Sacra, visitando anche il sito di Moray e le saline di Maras. Abbiamo poi preso il treno, l’unico mezzo per raggiungere la cittadina di Aguas Calientes, da cui effettuare l’escursione a Machu Picchu, con cui abbiamo concluso il nostro tour. Abbiamo visto che alcuni viaggiatori hanno fatto un’estensione di qualche giorno nella parte nord nel Perù, nella foresta Amazzonica. Un’atra idea, avendo più giorni a disposizione, sarebbe abbinare al Perù anche un tour breve della Bolivia, includendo almeno il Salar di Uyuni.
Come stagione abbiamo scelto il mese di Agosto. Per la visita sono raccomandati i mesi secchi, da Maggio fino a Ottobre, che corrispondono all’inverno peruviano. Le temperature sono generalmente calde di giorno a causa del forte irraggiamento solare dovuto sia alla quota che alla vicinanza con l’equatore, mentre appena cala il sole diventa subito nettamente più freddo, con temperature che posso essere anche prossime allo 0 la notte e la mattina presto.
Il nostro tour è iniziato da Lima, che in questa stagione è quasi sempre avvolta dalla nebbia proveniente dall’oceano. La città è molto vasta e chiaramente ne abbiamo avuto solo un assaggio, partendo dal quartiere Miraflores e spostandoci poi verso il centro storico, visitando la Plaza des Armas (nome ricorrente per la piazza centrale di quasi tutte le città visitate), la cattedrale che racchiude il sepolcro di Francisco Pizarro, fondatore della città, e il convento di Santo Domingo.
Gli spostamenti della prima parte del tour sono stati fatti con gli autobus di linea. Devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso, i posti sono assegnati e sono comodissimi, con sedili reclinabili e uno schermo individuale per vedere film (in inglese o spagnolo) come sull’aereo, e in generale sono un mezzo molto utilizzato dai turisti stranieri. Questo purtroppo non basta ad alleviare la stanchezza delle oltre 10 ore di bus necessarie per arrivare a Paracas lungo la strada Panamericana. Il paesaggio è prevalentemente desertico e roccioso, molto desolato. Paracas è una località balneare con hotel anche molto belli, ma nel periodo invernale vi si trovano solo i turisti stranieri che fanno le escursioni o nel vicino deserto o alle isole Ballestas. L’escursione alle isole dura circa 3 ore, e oltre alla misteriosa figura del candelabro visibile sulla terraferma, si possono ammirare pellicani, sule, fregate, pinguini e leoni marini. Le isole sono un sito di nidificazione degli uccelli marini, e periodicamente ogni 4 o 5 anni viene raccolto il guano degli uccelli per usarlo come concime.
Il viaggio per Nasca prende mezza giornata. Il volo per vedere le famose linee di Nasca lo abbiamo fatto la mattina seguente, in quanto la mattina è generalmente meno ventosa. Il volo dura circa 40 minuti ed è abbastanza movimentato, perché per far vedere le linee l’aereo fa prima una virata da un lato, poi fa una virata a U dall’altro lato, in modo da soddisfare tutti i passeggeri, il tutto ripetuto per 7 o 8 volte… Per me alla fine è stata un’esperienza interessante.
Con un altro pomeriggio di viaggio siamo arrivati ad Arequipa. Qui ci hanno portato a vedere il Mirador des Andes, dove si vede la vallata e la città con 3 vulcani sullo sfondo. Molto caratteristici anche gli scorci del quartiere Yanahuara, bello il centro con le numerose chiese barocche spagnole. Molto particolare poi il convento di Santa Catalina, che si configura come una vera e propria città nella città. Abiamo avuto modo di visitare anche il museo archeologico, dove e’ cnservata la famosa mummis Juanita.
Da Arequipa abbiamo viaggiato verso Puno con un altro bus di linea, iniziando a salire di quota. Il paesaggio è quello degli altopiani andini, steppe e praterie semi desertiche (è anche la stagione secca), mandrie di Alpaca al pascolo, vento sferzante e monti e vulcani alti oltre 6000 metri. Puno invece si rivela una città bruttissima, un aggregato di case di mattoni non finite affacciato sul lago Titicaca, la cui unica attrazione è il corso con negozi turistici e la cattedrale. Arrivati a Puno abbiamo sentito subito la testa leggera e la fatica dell’altitudine, visto che siamo a 3800 m. Devo dire che stare e soprattutto dormire a una quota così alta affatica molto il fisico, si sente molto di più la stanchezza e la fatica del viaggio. Arrivati in hotel ci viene offerto un tè fatto con le foglie di coca. Queste contengono una piccolissima percentuale di principio attivo che funziona da stimolante, come la caffeina, e aiuta la circolazione e l’ossigenazione del sangue. In Perù è legale l’uso delle foglie di coca, ho provato anche a masticarle ma sono amarissime, infatti vengono vendute insieme a un blocchetto di stevia, un dolcificante artificiale. In ogni modo il tè di coca viene consumato comunemente e ci ha accompagnato a colazione e a pranzo per tutto il resto del viaggio. Se questo non basta, gli hotel hanno a disposizione dei turisti delle bombole di ossigeno, una seduta di 10 minuti aiuta a ridurre l’affaticamento, il mal di testa e il senso di svenimento.
Il giorno dopo ci rifacciamo con una bella escursione sul lago Titicaca, diviso a metà tra Perù e Bolivia. La prima sosta è alle isole galleggianti degli Uros. Questa etnia è uno degli ultimi popoli preincaici e parla ancora la lingua ancestrale degli aymara. Vivono su isole galleggianti fatte di caniccio e di giunco, originariamente si erano trasferiti qua per sfuggire ai vicini bellicosi nonché alla conquista degli inca. Ogni isola ospita una famiglia allargata, compresi fratelli, zii, nipoti e nonni. Veniamo ospitati da una famiglia che ci mostra il procedimento con cui le isole vengono costruite e mantenute (dopo qualche anno devono essere cambiate). La cosa buffa è che si cammina sul morbido. Le case sono semplici, e solo ora grazie ai panelli solari riescono ad avere un po’ di elettricità per illuminarsi la sera. Sono però molto umide e la notte la temperatura può andare anche a 0 gradi, le donne si vestono con le tipiche gonne, molte gonne una sopra l’altra per il freddo, e hanno i tipici copricapi. La cosa particolare è che cambiando regione ogni villaggio ha un suo copricapo tipico leggermente diverso. In ogni modo, è incredibile la semplicità con cui vivono queste famiglie in queste capanne in mezzo al lago, vivendo di pesca e artigianato e barattando questi prodotti con patate e mais coltivati sulla terraferma. Riprendiamo la barca e ci spostiamo sull’isola di Taquile, qui vive un’altra etnia di 2200 persone che sopravvive grazie ai prodotti coltivati sull’isola e agli animali allevati, con una economia comunitaria. Gli abitanti di quest’isola furono gli ultimi a essere conquistati dagli spagnoli e parlano ancora la lingua dell’impero inca, il Quechua. Qui la particolarità è che gli uomini per sposarsi devono essere in grado di tessere un particolare cappello, e in base al cappello che uno porta si sa se è sposato o in cerca di una compagna. Dall’isola si vedono le montagne innevate della cordigliera della Ande della Bolivia, l’acqua è limpidissima, il cielo senza una nuvola. L’isola è a più di 2 ore di navigazione dalla costa e non c’è un mezzo a motore, tutto viene spostato portandolo sulla schiena. Veramente un posto fuori dal tempo.
Il giorno dopo veniamo aggregati a un piccolo gruppo di 7 persone, con cui condivideremo il resto del viaggio, e iniziamo il trasferimento verso Cuzco con un pulmino turistico. Purtroppo abbiamo un piccolo inconveniente: gli insegnanti sono in sciopero già da diverse settimane, e per la giornata di oggi hanno in programma di bloccare le principali strade di comunicazione nella provincia di Puno. Dobbiamo uscire dalla città prima del blocco, quindi partiamo a notte fonda, prima dell’alba. Nonostante questo, abbiamo trovato un blocco a metà mattinata che ci ha costretto a una deviazione su una strada sterrata, guidati da alcuni ragazzini in moto che sapevano che strada consigliarci.Durante il viaggio verso Puno abbiamo fatto anche alcune tappe, la prima per visitare Pucara e il suo museo archeologico.
Ci siamo fermati poi su un passo andino ad ammirare il paesaggio a 4400 metri di altezza.
Infine abbiamo fatto tappa a Raqchi: questo è il primo vero sito archeologico inca che visitiamo ed è molto interessante. Vediamo tutta la parte degli edifici destinati alla conservazione del cibo, mais e patate essiccate, la parte delle abitazioni dei sacerdoti e dei nobili, e i templi con la fonte d’acqua sacra e l’imponente tempio al Dio Wiracocha.
Ci dirigiamo quindi verso Cusco, facendo tappa alla chiesa di Andahuaylillas, una piccola cappella sistina situata in uno sperduto paesino di campagna.
Arrivati a Cusco (3400 m), appena facciamo due passi in città abbiamo una sensazione particolare, è una città diversa da tutte le altre. Innanzi è una città veramente ricca di storia: camminando per le sue strade, oltre alle chiese e piazze costruite dai conquistatori spagnoli, vediamo muri più antichi sotto queste costruzioni. In pratica la città attuale è stata costruita sopra la città costruita dagli Inca, di cui era la capitale dell’impero. Per certi aspetti è come passeggiare a Roma o Atene, ti rendi conto che cammini sopra i resti di una delle grandi civiltà del sud America. Dall’altro lato vedi anche che la città è molto turistica, sicuramente è uno dei punti di partenza e di passaggio obbligato per tutti i turisti che vogliono vedere i resti inca e vogliono andare a Machu Picchu. Siamo un po’ spaesati da tutta questa confusione, eravamo abituati a piccole città abbastanza desolate e trasandate situate sugli altipiani semidesertici delle Ande. Qui invece ci sono turisti americani, tedeschi, francesi e di un sacco di altre nazionalità, e ovviamente venditori di strada e agenzie turistiche che ti propongono escursioni e pacchetti da comprare in loco, negozi, ristoranti e un sacco di gente che cerca di attirare i turisti nel suo negozio o nella sua attività.
A Cusco e dintorni ci sono i monumenti più interessanti dell’impero Inca. In città visitiamo la chiesa di Santo Domingo, costruita sopra il tempio di Coricancha o tempio del Sole, il tempio più importante dell’impero Inca. Il tempio era magnifico, al centro si trovava un giardino in cui alberi, fiori, animali e personaggi erano riprodotti a grandezza naturale in oro con incrostazioni d’argento, di conchiglia purpurea, di turchesi ed altre pietre preziose. Queste vennero usate per pagare una parte del riscatto per liberare il re Inca tenuto prigioniero dai conquistadores spagnoli e furono fuse per farne lingotti d’oro. Quello che resta del tempio sono i muri bassi, con le varie stanze con le tipiche finestre trapezoidali. È incredibile notare la precisione degli incastri delle pietre, che unita alla forma svasata dei muri rendeva la struttura antisismica. Sopra questo venne costruita la chiesa spagnola, nascondendo completamente il tempio sottostante. Questo aveva un motivo ben preciso, si cercava di piegare gli Inca a convertirsi alla nuova religione dei conquistatori, sostituendo il dio sole con il nuovo Dio cristiano. La chiesa però non era antisismica e crollò quasi interamente in un terremoto nel 1950, e i restauri successivi portarono alla luce i muri del tempio inca, che in buona parte erano stati semplicemente ricoperti con l’intonaco. Questo tempio è un ottimo esempio di come è stata costruita la moderna città di Cusco, con gli spagnoli che dopo la conquista riusavano e costruivano sopra gli edifici inca. Ma le fondamenta e i muri bassi di molte case, palazzi e chiese sono sempre quelli costruiti dagli Inca, con incastri perfetti delle pietre e senza calcina.
Tutto intorno a Cusco ci sono siti archeologici incaici. Uno dei più belli è sicuramente Sacsayhuamán. Questo era un tempio dedicato probabilmente all’adorazione del sole. È circondato da mura altissime, quasi come una fortezza, costruite con pietre enormi e dagli incastri perfetti, veramente impressionante. Fu ultimato intorno al 1500, e fu utilizzato pochissimo se si considera che Pizarro conquistò Cusco nel 1536.
Altri siti inca che abbiamo visitato nelle vicinanze sono Tambomachay, luogo sacro per le sue fonti d’acqua, Puca Pucará, caserma e dogana per il controllo delle merci in transito, e Qenqo, sito sacro legato ai riti di sepoltura.
Il giorno successivo ci dirigiamo verso la Valle Sacra, fertile valle cuore dello sviluppo della civiltà inca e fondamentale per la sua sussistenza grazie all’abbondante produzione agricola. Durante il tragitto ci fermiamo a visitare una fattoria dove vengono allevate diverse specie di alpaca, e ci viene illustrato il procedimento tradizionale di filatura e colorazione della lana, tutto con coloranti naturali.
Facciamo quindi una breve sosta al mercato artigianale di Pisac, e poi proseguiamo verso il sito di Moray, che si trova su un altopiano andino e si raggiunge solo dopo aver percorso diverse strade sterrate a folle velocità. Qui vi sono dei terrazzamenti di forma circolare, e l’ipotesi più probabile è che servissero da laboratorio agricolo per permettere l’adattamento delle piante a climi e altitudini diverse. Infatti nelle terrazze inferiori la temperatura è di diversi gradi più elevata e questo permetteva, dopo diverse generazioni, di adattare alcune coltivazioni originarie del clima caldo del nord al clima freddo andino.
Ci dirigiamo poi verso le saline di Maras. Mentre ci avviciniamo a questo luogo surreale, vediamo una immensa distesa di vasche bianche. Qui c’è una sorgente termale ricca di sale, e sin dai tempi degli Inca viene estratto il sale facendo evaporare l’acqua e raccogliendo il sale depositato in fondo alle vasche. Oggi il sito si è molto esteso e il sale viene estratto dalle famiglie e dalle comunità locali.
Ultima tappa del giorno è Ollantaytambo, paesino che ospita un imponente tempio inca arrampicato sulla montagna. Questo tempio aveva la duplice funzione di fortificazione, mentre sui monti attorno si vedono altri edifici utilizzati come granai.
Il paese di Ollantaytambo è anche il posto dove finisce la strada e prendiamo il treno che ci porterà ad Aguas Calientes. Il viaggio in treno dura poco più di due ore, a bassa velocità su una linea vecchia e tortuosa che segue il corso del fiume Urubamba. Durante il tragitto scendiamo di quota da 2800 a 2000 m, ed è incredibile come il paesaggio cambi in fretta. Passiamo da un clima andino, abbastanza secco, a un clima tropicale umido e piovoso, circondati dalla foresta tropicale. Il paese di Aguas Calientes, che prende il suo nome da alcune sorgenti termali, è ormai un posto prettamente turistico, pieno di alberghi, ristoranti e negozi di souvenir. La sua particolarità è che è attraversato dalla ferrovia, per cui dalla finestra delle case e degli alberghi che si affacciano sul corso principale è possibile veder passare i treni.
La mattina seguente di buon’ora prendiamo il bus che ci porta a Machu Picchu, a 2400 m di altezza. La stretta strada sterrata si arrampica a zig zag in mezzo alla foresta tropicale, finché alla fine intravediamo la cittadella fortificata di Machu Picchu. In alternativa è possibile fare la stessa strada a piedi, oppure pochi avventurosi percorrono il cammino Inca, la rete di vie di comunicazione costruite dagli Inca: si arriva a Machu Picchu scavalcando le montagne, passando dalla Porta del Sole, dopo 4 giorni di cammino. Il sito archeologico di Machu Picchu è stato costruito nel 1440 e abitato fino alla conquista degli spagnoli nel 1532, e fu riscoperto ufficialmente solamente nel 1911 da Hiram Bingham, uno storico americano che era alla ricerca dell’ultima capitale Inca Vilcabamba. La cittadella fortificata di Machu Picchu era la sede di case di nobili, sacerdoti e templi, di cui il più importante era il tempio del sole. La sua posizione geografica la rende inaccessibile, la zona è quasi disabitata a causa delle alte montagne e della fitta vegetazione tropicale che le ricopre. Ci spiegano che sono ancora in corso lavori di scavo sia per trovare altre parti di Machu Picchu, sia sui monti intorno per trovare altri siti archeologici. Da sempre però gli scavi procedono a rilento e sono molto difficoltosi per la fitta vegetazione e per i serpenti velenosi. Lo sguardo su Machu Picchu, quando emerge dalle nuvole che la avvolge, è spettacolare, ti dà quella sensazione e quel brivido che pochi posti nel mondo ti danno. La montagna sullo sfondo è Huayna Picchu, prenotando in anticipo si può scalare la montagna, ma l’ingresso è limitato a 200 persone al giorno e solo con meteo favorevole. Tutto intorno la montagna va giù a picco, ricoperta dalla foresta tropicale. In fondo alla valle si vede serpeggiare il fiume Urubamba. Tutti nomi leggendari che da bambini ci stuzzicavano la fantasia e ci facevano pensare alle immense ricchezze dell’impero Inca, a questi posti sperduti e fuori dal mondo che dei veri avventurieri hanno riscoperto e studiato all’inizio del XX secolo. Oggi questi posti possono essere facilmente conquistati dai turisti, ma conservano comunque il loro fascino, il loro alone di mistero e avventura.
Il nostro tour del Perù si conclude qua, è tempo di bilanci. Innanzi tutto devo dire che è un viaggio molto stancante fisicamente, sia per i lunghi trasferimenti in bus che per l’altezza, che porta anche a qualche difficoltà nel respirare e nel dormire la notte. Poi mi aspettavo il paesaggio un po’ più vario, mentre la parte sud del Perù è molto desertica e abbastanza uniforme come paesaggio. Solo arrivando a Machu Picchu cambia totalmente e si entra nella foresta tropicale. A confronto l’Ecuador è molto più concentrato e ha un paesaggio molto più vario. Detto questo, abbiamo avuto modo di ammirare la bellezza degli altipiani andini, di vedere città coloniali spagnole come Arequipa e di conoscere posti fuori dal tempo, come i villaggi galleggianti e le isole del Lago Titicaca. La parte più bella del viaggio per me è stata la parte archeologica, ricca di storia. Tutta la zona intorno a Cuzco è ricca di monumenti Inca, e per finire il sito di Machu Picchu ti dà delle sensazioni uniche, ti ritrovi in uno di quei posti che ti comunicano qualcosa, arrampicato in cima ad una montagna e circondato dalla foresta tropicale.